È forse ora di cercare una psicologa per ragazzi?
Ho volutamente iniziato l’articolo lanciando una provocazione: in questo periodo difficile e complicato, sempre più persone si rivolgono alla psicologia per risolvere il loro disagio esistenziale.
Bambini e adolescenti rappresentano un caso a parte: se, talvolta, i ragazzi sono in grado di esprimere verbalmente una loro difficoltà, per i più piccoli è davvero impensabile una spontanea richiesta d’intervento da parte di uno psicologo per ragazzi.
La particolare situazione che si è venuta a creare con la pandemia, inoltre, ha offerto ai genitori la rara possibilità di passare la maggior parte del tempo a casa con i propri figli; il che sarebbe utile per individuare potenziali problemi, se non fosse che anche loro sono condizionati dall’ansia e dall’incertezza che caratterizza questo momento.
La psicologa in età evolutiva
Esistono numerosi servizi psicologici dedicati all’età evolutiva: il compito di una psicologa per ragazzi consiste nel sostenere e aiutare il bambino o l’adolescente a riconoscere e superare momenti di crisi o difficoltà normali durante questo periodo di sviluppo, evitandone la cronicizzazione.
Come già detto non è facile riconoscere un reale disturbo in questa fase della crescita: oltre ai normali cambiamenti dovuti allo sviluppo, va considerata la situazione che circonda la persona, i problemi familiari, le difficoltà ad accettarsi o essere accettati.
Alcuni disturbi come l’ansia, la depressione, il ritiro sociale o i problemi psicosomatici possono colpire anche i giovani fin dalla più tenera età e la prontezza d’intervento di una psicologa per ragazzi può aiutare a superare un problema fin dalla sua insorgenza, evitando un inutile prolungamento della sofferenza.
Cosa fa la psicologa?
Il lavoro di una psicologa dell’età evolutiva varia a seconda del momento di sviluppo delle persone che si presentano alla sua porta: un bambino che frequenta le scuole elementari avrà problematiche differenti rispetto a un ragazzo delle superiori.
Sono gli anni in cui si forma la personalità, attraverso processi evolutivi e confronti sociali, con una maggiore autonomia e con la maturazione dell’affettività.
In questa (temporalmente) lunga fase, l’attenzione della psicologa è concentrata principalmente su disagi legati allo sviluppo fisico, alle sfide della scuola e con i propri pari età, al rapporto con i genitori.
Lo scopo è di aiutare la persona ad avere una comunicazione migliore con il mondo, fargli avere un sostegno e uno spazio sicuro dove potersi sfogare ed essere ascoltato.
Ogni fase dello sviluppo porta con sé nuove difficoltà.
La crescita è un lavoro di squadra
Inutile nasconderlo: in questo difficile periodo si sono accentuate fragilità che già esistevano in precedenza, la differenza è stata che il lungo periodo passato tra le mura casalinghe le ha rese evidenti o portate all’esasperazione.
Tuttavia, è normale che il lavoro di una psicologa in questa particolare situazione coinvolga anche i genitori: in positivo o in negativo, il loro rapporto influenza costantemente lo sviluppo del bambino, anche se purtroppo alcune famiglie tendono a dimenticarlo, oppure vivono problematiche talmente grandi da non riuscire a lasciar fuori il figlio.
Ciò che i genitori possono concretamente fare è comprendere come il riconoscimento dell’altro sia un lavoro quotidiano, che deve aver sempre come obiettivo il sano sviluppo del figlio e collaborare perciò con i professionisti (non solo psicologi ma anche gli insegnanti di scuola o di attività esterne come sport, musica, danza etc.).
I consigli della psicologa
Sebbene la pandemia abbia (forse) definitivamente sdoganato la psicologa al suo corretto ruolo sociale, spesso per difficoltà di riconoscimento di un problema o per paura di ammettere il problema di un figlio (“perché non sono stato un bravo genitore”) risulta ancora difficile il contatto con una professionista.
Tra l’altro, lo stress e la frustrazione che questi pensieri generano, ricadono nuovamente sul figlio, creando un circolo vizioso.
Essere “bravi genitori” significa anche avere la capacità di chiedere aiuto quando serve, senza sentirsi dei falliti; una reale connessione tra la psicologa, l’istituto scolastico e la famiglia aiuterebbe a diminuire il pregiudizio, a facilitare sia l’individuazione di un problema che l’intervento su un ragazzo in difficoltà.